Onorevoli Colleghi! - Le regioni del nord vantano una gloriosa tradizione di adesione e di fattiva partecipazione al Corpo degli alpini, il cui sacrificio e spirito di abnegazione sono universalmente riconosciuti e attestati dal Labaro nazionale sul quale sono appuntate 211 Medaglie d'oro. Con il passaggio dalla leva al reclutamento professionale si è compiuto un processo di ristrutturazione e di riforma delle Forze armate che coinvolge tutte le strutture operative. La prima fase di reclutamento dei volontari ha drasticamente ridotto la partecipazione delle popolazioni locali residenti nell'arco alpino, storicamente fonte principale dell'arruolamento di leva. La progressiva professionalizzazione del personale militare italiano ha profondamente modificato l'identità del Corpo degli alpini. Negli ultimi anni, per fare fronte ai sempre più larghi vuoti aperti negli organici dalla preferenza dei giovani del nord Italia per il servizio civile sostitutivo, ai reparti delle truppe alpine viene destinata un'aliquota sempre crescente di volontari provenienti dalle regioni del sud. Tutto ciò incide profondamente sull'efficacia operativa delle unità appartenenti ai reparti delle truppe alpine, snaturandone l'identità e spezzando i secolari legami con il retroterra sociale di cui sono tradizionalmente espressione. Se non si cercherà di porre rimedio a questa tendenza il Paese sarà privato dell'apporto che gli alpini come comunità riescono a dare anche dopo la cessazione del periodo

 

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prestato al servizio delle Forze armate. La presente proposta di legge è volta al mantenimento della presenza di truppe alpine nelle località che tradizionalmente le hanno ospitate e dove, sin dalla prima guerra mondiale, hanno operato. A tale fine è indispensabile conservare il forte legame identitario che le contraddistingue e assecondare le esigenze di addestramento che solo questi territori possono garantire.
      Durante l'iter che condusse all'approvazione della legge 23 agosto 2004, n. 226, recante l'anticipo della sospensione della coscrizione obbligatoria in tempo di pace, si discusse degli incentivi da adottare per favorire il reclutamento dei giovani nelle regioni dell'arco alpino e ciò allo scopo di evitare il tramonto delle tradizioni del Corpo degli alpini. Dall'atto della loro costituzione, gli alpini si sono sempre contraddistinti non solo per il carattere regionale e locale delle loro unità, fonte di straordinaria coesione nei momenti di maggiore difficoltà, ma per il fatto di costituire una comunità legata al territorio che non è composta dai soli militari in servizio, bensì anche da coloro che si trovano in congedo. I raduni dell'Associazione nazionale alpini (ANA), che richiamano tuttora molte decine di migliaia di partecipanti, ne sono probabilmente l'attestazione più evidente. Indiscusso - e ben noto agli amministratori locali dei comuni dell'arco alpino - è altresì l'apporto dato dalle sezioni dell'ANA nelle circostanze in cui si rendono necessari gli interventi della Protezione civile. Nel corso delle numerose calamità naturali che si sono abbattute sul nostro Paese, l'ANA si è distinta per l'altruismo e per lo slancio con cui ha prestato il proprio soccorso alle popolazioni colpite, grazie ad una operatività che si fonda, oltre che sul personale di leva, anche su volontari in grado di coordinare con efficienza e con tempestività tutte le attività di intervento e di soccorso. Tale valore è stato solennemente riconosciuto dal Presidente della Repubblica che ha insignito l'ANA della Medaglia d'oro al valor civile per l'opera prestata nell'alluvione del novembre 1994 in Piemonte, dove l'Associazione si è distinta per qualità e per numero di persone, di mezzi, di energie e di risorse profusi.
      Due anni fa, per ovviare al declino degli arruolamenti nelle regioni dell'arco alpino, si introdussero le disposizioni che attualmente sono raccolte nell'articolo 9 della legge 23 agosto 2004, n. 226. Particolarmente interessante, tra queste, appare la norma che figura nel comma 2 del citato articolo, che così recita: «A decorrere dal 1o gennaio 2005, ai volontari in ferma prefissata di un anno ed in rafferma che prestano servizio nei reparti alpini è attribuito, in aggiunta al trattamento economico di cui all'articolo 8, un assegno mensile di cinquanta euro». Sfortunatamente, però, la risposta dei giovani dell'arco alpino è stata deludente. Di conseguenza, il carattere regionale e il radicamento territoriale delle unità dipendenti dai reparti delle truppe alpine stanno progressivamente venendo meno. Il cappello con la penna viene certamente indossato con dignità e onore da giovani uomini e donne di molte zone del nostro Paese, come è emerso anche in occasione dei recenti attentati compiuti dai nostalgici del regime talebano in Afghanistan, ma sono sempre meno quelli tra loro che provengono dalle regioni che alimentarono un tempo le brigate Julia, Cadore, Taurinense e Tridentina. È quindi facile prevedere a medio-lungo termine l'esaurimento degli alpini come comunità territoriale, con conseguente impoverimento culturale delle regioni ove più forte è stato storicamente il loro radicamento.
      La presente proposta di legge nasce dalla volontà di compiere un salto di qualità nell'opera di salvaguardia e di ripristino del legame tra Alpi ed alpini, introducendo un regime rafforzato e mirato di incentivi. L'elemento più forte è rappresentato dall'integrazione di paga, che tiene conto dei dislivelli di reddito esistenti tra le regioni dell'arco alpino e il resto d'Italia e viene pertanto portata dai 50 euro mensili attualmente previsti a 500 euro e comunque a una misura non inferiore al 30 per cento dell'emolumento stabilito dalla normativa vigente per i
 

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militari della stessa categoria. È altresì previsto di garantire, nei limiti del possibile, lo svolgimento del servizio in siti prossimi al comune di residenza dei volontari in ferma prefissata, fatte salve naturalmente le circostanze che implichino l'impiego operativo. L'intervento sulla composizione delle commissioni chiamate a giudicare dei requisiti psico-attitudinali dei giovani aspiranti è invece suggerito dalla necessità di ovviare alle sempre più frequenti segnalazioni di abusi e discriminazioni compiuti proprio ai danni degli aspiranti volontari provenienti dalle regioni dell'arco alpino. A fronte di questi privilegi, e a tutela del rapporto esistente tra gli alpini e il loro retroterra sociale, è inoltre previsto l'inserimento dei giovani congedati in un'apposita riserva fino al compimento del quarantesimo anno di età. Tale riserva è mobilitabile in caso di calamità naturale ed è messa a disposizione delle autorità regionali, provinciali e comunali delle regioni dell'arco alpino interessate dall'eventuale evento calamitoso.
      Il problema della crisi d'identità del Corpo degli alpini è avvertito acutamente. È sembrato perciò opportuno prevedere per l'entrata in vigore della legge tempi più rapidi di quelli ordinari.
      Considerata l'elevata valenza sociale e culturale della presente proposta di legge, se ne sollecita la rapida approvazione.
 

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